Circa il 10% dei pazienti con FA ha necessità di sottoporsi nel corso della propria vita ad un intervento di angioplastica coronarica; per contro circa il 12,5% dei pazienti con CAD stabile e circa il 10% dei pazienti con SCA che giungono in sala emodinamica, presentano un FA non nota.
L’emodinamista si trova quindi non infrequentemente a gestire il bilancio tra il rischio di tromboembolismo sistemico e cerebrale e di trombosi dello stent, e quello emorragico legato alla terapia anticoagulante. Alla luce dei recenti trials randomizzati e delle principali linee guida internazionali, la duplice terapia che associa un DOAC con un unico antiaggregante piastrinico si pone come opzione terapeutica suggerita per ridurre il rischio di sanguinamenti rispetto all’attuale triplice terapia.
Tuttavia l’approccio dell’emodinamista di fronte al paziente con FA sottoposto a PCI è ancora lontano dall’essere univoco anche in relazione ai diversi settings, alla combinazione di strategie farmacologiche e NON, e soprattutto alle molteplici complessità del paziente REALE che pongono il clinico di fronte ad un bivio decisionale.